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I ‘bottini’ e il mito del fiume Diana

Abbiamo solo accennato ai “bottini”, di fatto ricoprendo l’argomento di un alone di mistero. Sebbene infatti il termine “boctinus” appaia per la prima volta in un documento del 1226, Siena ha cercato di mantenere nascosto il più a lungo possibile il suo segreto, la fonte stessa della sua ricchezza, sopportando anche gli sberleffi di alcuni “intellettuali” del tempo, come Dante, che ritenevano quantomeno “vana”, illusoria, l’ostinata ricerca di un adduzione d’acqua sotterranea. Di certo, qualunque nome le sia stato dato, Diana o quant’altro, i Senesi erano fermamente convinti che la soluzione ai loro problemi si potesse trovare solo nel sottosuolo, come probabile collettore di vene d’acqua. Del resto l’impresa disperata di deviare il corso del fiume Merse non parve praticabile nemmeno alle Autorità del tempo, ben consce delle insormontabili difficoltà del progetto. Per questo, fin dalle origini, profusero sforzi enormi per sondare il terreno alla ricerca di riserve idriche sfruttabili, affidandosi a dei “rabdomanti”, convinti del ritrovamento di un corso d’acqua sotterraneo. Un simile atteggiamento non deve apparire solo ostinazione improduttiva, cocciutaggine fine a stessa, o peggio “disperazione”. Crediamo di scorgere, invece, in questo comportamento una lungimirante, visionaria “pazzia”, che aveva permesso di vedere una soluzione al problema incompleta, magari poco definita, eppure supportata da dei risultati inconfutabili. Come in un gioco degli specchi tra apparenza e realtà, ragione e assurdo, saggezza e follia si andava delineando l’idea di uno degli esempi più affascinanti dell’ingegneria idraulica medievale. Del resto l’intuizione “visionaria”, quella capace di cogliere gli impescrutabili messaggi forniti dall’esperienza esterna, meglio, dall’esperienza altrui, viene sempre percepita al suo manifestarsi come priva di buon senso, addirittura assurda. E’ solo in un secondo tempo che si afferma, viene riconosciuta, poi accettata e persino propugnata da chi prima l’avversava. Mai come in questo caso Dante, il Sommo poeta, era stato così cattivo vate, sbeffeggiando il sogno dei Senesi di trovare il mitico corso d’acqua sotterraneo: che cos’altro dunque era la Diana se non i bottini?

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